venerdì, ottobre 01, 2010

C'è chi resta e c'è chi parte

Questa mattina girovagando per la rete, son finito su questo articolo: "Nessuno" in Patria, "qualcuno" altrove. Gli italiani se ne vanno. Di nascosto di Claudia Cucchiarato, che potete leggere qui.

Non è il primo, nè sarà l'ultimo sulla nuova generazione di emigranti italiani. Ogni due o tre mesi, ciclicamente, mi capita infatti di leggere pezzi simili, o quantomeno di parlarne, con amici, colleghi o conoscenti.
Questa volta però ci si chiedeva quanti sono in realtà gli italiani che si trovano all'estero, se sono iscritti all'AIRE (l'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero) e di raccontare brevemente la propria storia.

Vi invito a leggerne qualcuna, le trovate qui. Io l'ho fatto e in molte si legge lo sconforto, la tristezza, a volte la rabbia, per essersi dovuti trasferire così lontano per trovare un proprio spazio. Ma in molti brani traspare anche la determinazione a non voler scendere a compromessi sul proprio futuro, che porta ad accettare anche la lontananza dalla propria casa e i propri affetti.

Quella che segue invece è la storia che ho tirato giù io.

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Era febbraio 2009. Avevo conseguito da pochi giorni la laurea in Ingegneria Telematica presso il Politecnico di Torino. Ero entusiasta e soddisfatto di me stesso per il raggiungimento dell'importante traguardo, dopo anni di studio e di sacrifici, non solo da parte mia, ma anche della mia famiglia.
Ma le prospettive che si mi presentavano d'innanzi non erano altrettanto incoraggianti. Dopo alcuni colloqui presso le più note società di Consulenza Informatica, le uniche che sembrano interessarsi ai giovani neolaureati, decisi di cambiare strategia. Decisi di "guardami attorno" in un senso più ampio, volgendo lo sguardo anche oltre i confini del mio Paese se necessario. E fu così che trovai un posto come ricercatore presso un'Università di Parigi, dove in seguito iniziai un programma di dottorato.
Tutt'oggi non rinnego la mia scelta: ho un impiego che mi piace e mi dà grandi soddisfazioni, sono circondato da professori e colleghi competenti e disponibili, c'è un grande sostegno, sia a livello di finanziamenti per la ricerca che dal lato umano. Senza contare il contributo della città, una vera capitale Europea che mi ha permesso di aprire gli occhi anche "socialmente" parlando, grazie al contatto con persone provenienti da altri stati, con le loro differenti lingue, culture e tradizioni.
Un'esperienza che ha certamente cambiato e cambierà la mia vita, nella speranza di tornare, un giorno, nel mio Paese...

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Home is where your heart is.
(La casa è dove c'è il tuo cuore
)

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