mercoledì, settembre 18, 2013

Il giorno più lungo

Giovedì di un mese fa, il 15 agosto 2013, è stato senza dubbio il giorno più lungo che io abbia mai vissuto.

Nel dì di Ferragosto, mentre il buon senso suggerisce (e la maggior parte dei compatrioti mettono in pratica) di farsi numero 5 kili di carne alla griglia o di andarsene a mettere la pancia ammollo al mare, io mi preparavo per la mia piccola personale impresa.

Sveglia alle 3.30, giù dal letto per una colazione abbondante e poi via, si scende verso il centro. Poco prima delle 5 arriviamo in zona cambio e ci prepariamo per la partenza delle 6 in punto (mentre le donne partono 10 minuti prima). Ultimi check alla bici, alle scarpe e accessori per le diverse frazioni. Qualche parola con i vicini di bici e mi metto in coda sulla passerella che ci porta verso il lago.
La partenza al buio fà il suo effetto, e seppure ero riuscito a mantenere la calma fino al giorno prima, quando mi vedo lì, sulla spiaggia pronto a partire assieme ad altri 1500 matti, non posso fare a meno di rabbrividire. Per fortuna ci sono i miei genitori e nipotini giusto dietro le transenne, assieme a degli amici del mio paese e altri del Club, sempre pronti a darmi la carica.

Incredibile ma vero, per una volta non prendo troppe botte in acqua e a partire da metà primo giro riesco pure a trovare un buon ritmo. Esco dall'acqua in 1h11', un po' meglio del previsto, ma buttando l'occhio sul Garmin vedo una distanza di 4.3 Km. Boh, ok che c'è sempre un po' di margine d'errore, ma di sicuro di avrò messo de mio nel prendere le boe alla larga...

Prima transizione molto tranquilla, ne approfitto per asciugarmi alla buona, infilare la maglietta da bici, manichette, guanti, calzini, etc e caricare tutto l'ambaradan di cibo nelle tasche. Intravedo di nuovo i miei genitori e si parte per il giro in bici. Cerco di gestire il più possibile, il percorso è un continuo sali-scendi. A metà della salita verso l'Izoard, mentre mi metto sui pedali per fare qualche passaggio più duro, inizio a pensare che ci sarà da divertirsi a correre una volta posata la bici. La tentazione d fermarsi sulla cima del colle inizia a fare capolino nella mia testa. Sarà la prima ma non ultima volta. Ma proprio in quel momento una macchina si affianca e sento delle voci urlare: sono i miei amici del Club. Alain in veste di fotografo, Yolande che urlava all'impazzata e Perveen al volante. Le batterie si ricaricano all'istante, bisogna arrivare in cima e poi si vedrà.


Il tragitto di ritorno verso Embrun scorre via senza intoppi, ma sempre con un pelo di inquietudine sulla corsa. Su una delle ultime discese vedo un ciclista a terra, proprio vicino ad un tornante un po' più stretto dove ci avevano avvertito esserci della ghiaia a terra (in 4 lingue diverse e almeno 10 volte) . Risultato: freno ancora di più, proprio non vorrei finire per terra proprio adesso!


Mentre mi avvicino alla zona cambio, gli incoraggiamenti della mia famiglia mi fanno tornare il buonumore e inizio a dirmi che ormai il più è fatto. Tempo finale: 7h28', precisopreciso nei tempi! Seconda transizione sempre nella calma, prendo il tempo di mettermi le calze di compressione, arraffare un paio di gel e mettere su il cappello contro i colpacci di sole.

Parto per il primo giro con le gambe che rispondono bene. Sono sui 12 km/h, un buon ritmo e sento sì il caldo, ma resta gestibile. I rifornimenti sono abbastanza ben forniti, con cibo solido e bevande e spugne di acqua fresca che non mi lascio scappare. Ci sono un paio di salite per accedere al centro storico di Embrun e decido di farle camminando per non forzare troppo. Verso la fine del primo giro mi affianco ad un giovane tedesco, e decidiamo di correre assieme, visto che il ritmo a cui corriamo è lo stesso e un po' di compagnia non fa male.


Il primo giro passa in circa 2h06', davvero niente male mi dico. "Ora basta tenere questo ritmo e arrivo prima delle 20!"

Ma ho parlato troppo presto.
Inizio a sentire la stanchezza appena fuori dal parco bici, dove inizia la seconda metà della maratona. Le gambe sono pesanti e ai rifornimenti non ho più voglia di niente. Corricchio penosamente a meno di 10 km/h e mi ritrovo a camminare non solo nelle salite, ma anche nelle discese. Ben presto inizio a camminare anche sul piatto, impossibile chiedere di più al mio fisico. Ma non posso fermarmi, non ora, non adesso che la parte più grossa è alle spalle.
Gli incoraggiamenti sul percorso diventano un vero sollievo, anche se non vorrei mostrarmi in condizioni così pessime. Per fortuna di sono gli occhiali da sole e la visiera a coprire un po' le smorfie di dolore, nonostante i paparazzi e la supportrice sul campo riescono a strapparmi ancora un sorriso.


Sull'ultimo quarto di percorso entro in modalità "survivor". Ormai cammino solo più, ma non sono il solo. La voglia di fermarmi e sedermi per qualche minuto è fortissima, le panchine mi attraggono come calamite giganti, ma dico di no. Se lo faccio, già so che non troverei le forze di ripartire. Vedo alcuni atleti fermi sul ciglio, chi per crampi, chi per svuotare lo stomaco bistrattato, e sento delle sirene dei soccorsi (a fine corsa saprò che gli interventi dei volontari sono stati più di 200). L'obiettivo delle 14 ore è andato, ma non mi importa più adesso. Quello che conta è finire.

Arrivo sul bordo del lago, intravedo il parco bici e mi rendo conto che sono gli ultimi chilometri. Il pensiero va alle intense giornate di allenamento, alle uscite lunghe in bici, a tutte le volte che ho declinato gli inviti ad uscire la sera, e sono preso dagli scossoni. Ma no! non adesso, fatemi passare il traguardo almeno! A qualche centinaio di metri dall'arrivo ecco di nuovo i miei genitori e gli amici. Dai loro sguardi capisco che non sono in forma smagliante, forse meno di quanto pare a me. Ma sono alla fine, il tappeto blu si materializza sotto i miei piedi, e ritrovo pure un pugno di energie per correre verso l'arco col fatidico cronometro.


È FATTA!

Un volontario mi mette la medaglia di Finisher al collo, mentre un altro mi tende la maglietta e un terzo mi toglie il chip dalla caviglia. Ed è finalmente tempo di lasciarmi andare sulle transenne dove ci sono i miei instancabili sostenitori e amici. Un sincero grazie, grazie a tutti loro perché da solo non ce l'avrei mai fatta.





Ed ora è tempo di ben recuperare e rimettersi in carreggiata, prima di pensare a che ne sarà dei mesi a venire e della prossima stagione.