giovedì, febbraio 25, 2010

Day 347, Correre. poi Cadere. e Rialzarsi

Giorni di full-immersion in quello che è il sistema sanitario francese per me in questi giorni.
Siccome il dolore al ginocchio sinistro si ripresentava ad ogni sacrosanto allenamento, all'inizio della scorsa settimana decisi di andar dal medico dello sport per prenotare un esame più approfondito.
Mi fece una breve e sommaria visita al termine della quale mi fissò una risonanza magnetica, che si sarebbe svolta nel giovedì successivo.

Dopo soli due giorni mi trovavo quindi in quella stanza, a tu-per-tu col macchinario dalla grande bocca bianca, pronta a divorarmi.
Venti minuti di briiippp, sdriieeeeng, twuiiiiuuiiii dopo già comparivano delle immagini bianche su sfondo blu su uno schermo panoramico nella sala "macchine" del centro di radiologia del 7° arrondissement.
Un'altra decina di minuti e mi vedevo consegnare il plico, con le stampe, un foglio di commenti e pure il cd con su tutte le immagini della mia cara articolazione.

Appena arrivato a casa, già provavo a decifrare il testo scritto dal medico, con non poche difficoltà. Da quanto riuscii a capire però, non parevano esserci lesioni, né a livello di menischi, né di legamenti. "Conflitto a livello del tensore della fascia lata e del condilo femorale esterno" fu il responso del traduttore su quella che era la frase fulcro della diagnosi.

Alcuni giorni dopo, feci quindi ritorno dal medico dello sport con la preziosa cartellina nello zaino e un garbuglio di domande nella testa. Lui, dopo i saluti e convenevoli, prese le stampe e si mise ad esaminarle, senza neanche degnare di uno sguardo i commenti dell'ortopedico.

(E' una cosa che avevo già notato un'altra volta. Non so perché, ma i medici in genere si rifiutano di leggere le osservazioni dei colleghi. Deve essere una sorta di orgoglio professionale. Oppure la diagnosi per loro è talmente facile una volta viste le immagini della RM che tutto il resto è inutile. Boh!)

Tuttavia, dopo alcuni secondi di silenzio mi disse quello che ahimè temevo sin dall'inizio. "Stop agli allenamenti per una decina di giorni, almeno. Solo dopo potrà riprendere gradualmente, con del nuoto ed eventualmente delle sedute di chinesiologia come coadiuvante. L'unica terapia che le consiglio è dunque il riposo."

Preciso però che un po' mi ero già preparato. Del resto è normale intimare il riposo e non forzare l'articolazione inutilmente. Ma d'altro canto speravo anche di contare su qualche altra terapia per accelerare un po' il recupero, tipo delle sedute di laser o di ultrasuoni.
E invece niente.


A questo punto, mancando meno di un mese e mezzo alla maratona, mi sa proprio che ci dovrò rinunciare. Non mi viene facile dirlo, dopo quasi sette mesi di allenamento, tra caldo, pioggia e neve in più di un'occasione. Son convinto però che sia meglio non rischiare, lasciare che il dolore passi e solo dopo recuperare per gradi.

Del resto non sarà questa l'ultima maratona che organizzano a Parigi, né Parigi stessa è l'unica città in cui si svolge.

Senza contare che oltre al fine, oltre alla maratona voglio dire, ciò che mi ha segnato positivamente è stato il mezzo, l'allenamento in sé. Per una moltitudine di motivi. Per il tenersi in forma, certo, ma anche per lo scoprire strade nuove e soprattutto per il tempo passato da solo, quando sai che hai una distanza, un obiettivo da raggiungere, e puoi contare solo sulle tue forze. E l'unica cosa che senti è il tuo respiro. A volte più affannato, altre più regolare.

E' per questo forse che non mi spiace troppo il fatto di perdere l'appuntamento dell'11 aprile. Perché in realtà quello che più mi sta a cuore è di rimettermi in forma, e tornare ad correre.
Un'altra meta la si troverà sempre.

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